Paul Thorel inizia a creare immagini digitali nel 1979, collaborando con l’Università di Genova, la RAI a Torino, e INA Institut national de l’audiovisuel di Parigi come programmatore e artista. Le sue prime opere fotografiche hanno i tratti noti di amici, quelli glamour di attrici hollywoodiane, o reinventano figure archetipiche del passato con gusto postmoderno e suggerimenti formali del mondo della televisione. Negli anni ‘90 luci e ombre si affilano e ricordano i glitch, le interferenze ondulate dei computer, ma anche i moti sinuosi del mare nel golfo di Napoli. Le fotografie degli anni Venti filtrano ulteriormente la realtà in una sintesi tra immagine, memoria e processo che esalta la transitorietà dello sguardo e la soggettività della visione. Alla sua morte, Thorel lascia un serbatoio di opere iconiche, frutto di un processo di traduzione dal particolare all’universale che intreccia l’elemento umano con il linguaggio tecnologico contemporaneo.